La
bottega era in fondo alla via,
tutti
quanti sapevano dove.
Fa
Giuseppe: “Adorata Maria,
molto
presto sarà il diciannove;
vola
il tempo, a gran passi s’appresta.
Invitiamo
qui a casa gli amici.
E’
il mio nome, lo sai; la mia festa.
Che
ti pare, Marì? Che ne dici?”
Alza
gli occhi Maria dal ricamo,
risplendenti
di grazia divina.
“Peppe
mio, tu lo sai quanto t’amo,
però
sono un disastro, in cucina.
Ti
ricordi dell’ultima volta?
Mi
ci sono davvero impegnata,
ma
mi venne uno schifo, la torta,
e
alla fine l’abbiamo buttata.
Ma
stavolta andrà meglio, lo sento,
lo
vedrai: non ti dico di più.
Voglio
farti davvero contento,
con
il nostro figliolo Gesù!”
E
così ci provò. Poveretta,
ben
tre giorni passò a cucinare,
ma
non era una cuoca provetta
(era
molto più brava a pregare).
Questa
volta riuscì! Nella stanza
in
cui stava la Sacra Famiglia
si
diffuse una dolce fragranza.
Che
languore! Che gran meraviglia!
Su
un vassoio fan mostra di sé
(beh,
Maria, certe volte sei in vena!)
zeppoloni
di pasta bignè
ben
guarniti di crema e amarena.
San
Giuseppe però storce il naso.
“Moglie
mia, chi può averti aiutato?
Non
mi dire che è frutto del caso;
tu
lo sai, la menzogna è peccato.
E
non fare quel viso contrito!
Dai,
sorridi, mia cara Maria:
l’aiutante,
l’ho bell’e capito,
si
nasconde costì, in casa mia.
Vieni
qua, figlio mio, fatti avanti.
I
miracoli son limitati,
vanno
usati per cose importanti;
se
li impieghi così, son sprecati!”
Ma
Gesù, ch’era ancora un bambino
lo
guardò con grandissimo amore,
e
gli disse: “Mio caro papino,
stai
facendo – perdona – un errore:
questa
zeppola dolce, squisita
da
gustare in un giorno di festa
rende
un poco migliore la vita:
la
magia quotidiana è anche questa.
E’
un miracolo lieve, leggero;
una
semplice, morbida cosa,
che
anche al giorno più cupo e nero
dà
una piccola mano di rosa”.
Il
papà sentì in gola un magone.
“Caro
figlio, non critico più.
Su
‘sti zeppole hai proprio ragione:
io
so’ Santo, ma tu sì Gesù!” |